Interni come Interni

Interni come Interni

Inaugura lunedì 11 marzo 2013, dalle ore 18.00 alle ore 20.00 la mostra dei modelli realizzati dagli studenti del corso di Design degli Interni

di Andrea Branzi e Michele De Lucchi. Resterà aperta dal 12 al 18 marzo, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 in via Varese 15, a Milano.

La società del XXI secolo richiede nuove tematiche per la cultura del progetto, meno auto-referenziali e ottimiste rispetto a quelle diffuse nel secolo scorso.
Tema centrale del Laboratorio di progettazione di Interni di Andrea Branzi e Michele De Lucchi è la ricerca e l’approfondimento delle radici di una nuova “drammaturgia” del progetto di interni, intesa come capacità di confrontarsi non solo con le tematiche funzionali e stilistiche, ma anche con quelle “piattaforme antropologiche” nelle quali si riconoscono tutti gli uomini: la vita, la morte, il sacro, il destino.

Per “INTERNI COME INTERNI” intendiamo spazi “che non hanno esterno”, nel senso che si sviluppano in maniera del tutto autonoma rispetto ai contenitori nei quali si collocano.
Appartengono a questa categoria sia gli ambienti metropolitani che si pongono in alternativa rispetto al contesto urbano e al proprio contenitore architettonico, sia gli ambienti primitivi, primordiali, come grotte e caverne, che assumono un valore di alternativa fisica e simbolica nei confronti degli spazi esterni.

Intento del laboratorio è mettere in evidenza l’attuale “autonomia culturale degli spazi interni” rispetto alla visibilità esterna del progetto, per motivi strategici o spirituali.
I modelli tridimensionali, risultato di questa ricerca, costituiscono nel loro insieme una porzione di città in cui gli spazi interni diventano ambienti profondamente “narrativi” che si oppongono al rischio di omologazione dei mercati globalizzati.
L’autonomia degli spazi interni viene esaltata dalla smaterializzazione della forma architettonica esterna, simbolicamente rappresentata da reti trasparenti, che lo sguardo percepisce solo come presenze opache, attraversabili

 

Trenitalia, Le Frecce, e i Treni Inibiti. Quando la customer experience non conta niente.

il treno è inibito

Questo post non è solo quello di un utente arrabbiato e deluso, ma vuole essere una breve analisi di un progetto, di un processo e di un approccio al cambiamento destinato a fallire. O a costare molto, in termini di risorse, di tempo e di scocciature.

FORGET THE CUSTOMER, FORGET INNOVATION

Tutto succede qualche giorno fa, quando cercando un treno per Roma e utilizzando la nuova funzionalità ‘trova il miglior prezzo’ trovo un treno a 9€ per la tratta e la data che mi interessano. Super. Contento procedo all’acquisto. Ma niente. il treno è ‘inibito’. Non si riesce a prenotare. Sicuramente non online. Vado in stazione, trovo la stessa offerta alle macchine automatiche. Non si riesce però a concludere l’acquisto. Faccio la coda il biglietteria, niente da fare neppure qui. Sono arrabbiato, sono deluso e soprattutto mi sento trattato scorrettamente.

Poi trovo su twitter questo scambio tra @LeFrecce e @andrea2volte e capisco di non essere solo.

Dando una veloce occhiata all’account le rispose da parte di FS sono più o meno standardizate e vagamente inconsistenti sulla sostanza del problema posto:

-@orlandotm il fatto che sia inibito non dipende da tariffa. Se provi ad acqu. ad altra tariffa nn riusciresti cmq.Graz ancora per segnalaz.
-@andrea2volte non si tratta di offerta “fasulla”,il tr. è cancellato: bit.ly/L4TI7X non potresti acqu. a nessun tipo di prezzo :(ù

Con successiva scusante legata all’imprevisto:
-@andrea2volte purtroppo parliamo di un treno la cui cancellazione non era programmata (imprevisto)
-@wolly la cancellazione non è programmata e potrebbe essere ripristinato da qui a breve

E giusta osservazione di risposta:
-@LeFrecce Sul sito non si può prenotarla già da 2 giorni interi! Che imprevisto lungo! Perchè l’offerta c’è ancora?

Facendo un passo indietro, al livello di analisi e di valutazione del servizio vorrei sottolineare il concetto di fondo anche di questo post: nuove funzionalità non sono innovazione se non funzionano.
La spunta di trova il miglior prezzo non serve a nulla se il miglio prezzo che viene trovato di fatto non esiste.
Un’ offerta che non esiste non deve essere servita dal motore di prenotazione; e non si può pensare che l’utente vada a leggersi i comunicati dei treni soppressi o ritardati (su un altro sito peraltro) per capire che quell’offerta non esiste. I due livelli di informazione devono essere integrati e trasparenti.

MI INIBISCO

Un altro aspetto chiave della usability riguarda l’interazione con l’utente nella risoluzione degli errori.
Anche l’evenienza errore va progettata: se, come possibile output, sono stati previsti anche dei messaggi con codice di errore bisogna anche proporre all’utente una via di uscita.
Facile.
Non devo essere io a cercare di capire. Devi essere tu, servizio, a spiegarmi cosa succede. Nel sito, non su twitter. Voglio poter escludere i treni ‘inibiti’.

Altrimenti mi inibisco io.

Non devo dover andare in stazione per provare a vedere se dalla biglietteria funziona.
Non devo poi sentirmi dire: “mah, l’offerta non è prenotabile” dall’addetto alla biglietteria che non ha, sul suo sistema di vendita, neppure la possibilità di filtrare i prezzi migliori, e che alla domanda se ci fossero altre buone offerte nella giornata ha dovuto pazientemente scorrere la schermata di ogni singolo convoglio. Senza successo peraltro.
Mi inibisco sempre di più.

I messaggi di errore devono essere comprensibili all’utente. Il treno inibito non lo capisco.
Capisco il treno cancellato, soppresso.
Dalla pagina di errore devo poter procedere oltre, devo aver presentate delle alternative.
Così l’utente non si inibisce, e magari Trenitalia chiude la vendita. Sempre che sia quello l’interesse commerciale di fondo, e non di dirottarmi su altri operatori/soluzioni.

 

I POMODORI AL MERCATO

Tutto ciò premesso, resto dell’idea che un’ offerta per una cosa che non esiste non dovrebbe apparire. Se propongo in vendita qualcosa che non ho, ad un prezzo estremamente concorrenziale, non sto forse in qualche forma viziando il sistema e potenzialmente ingannando l’acquirente?
Se vado al mercato offrendo i pomodori peretti a 0,50€/kg ma non ne ho neppure una cassetta e ho solo San Marzano a 10€/kg forse nessuno compra più da me, e magari il mio vicino di banchetto si arrabbia pure per una concorrenza non leale.

Ma coi pomodori ci arrabbiamo, coi treni no. In questo settore siamo così abituati che qualcosa non funzioni che ormai siamo rassegnati.
Se un altra azienda, privata, facesse delle offerte online che appaiono come miglior prezzo a parità di servizi e che in realtà non esistono, ci arrabbieremmo moltissimo. Lo troveremmo scorretto. Lo troveremmo ingannevole. Lo troveremmo inaccettabile.
In ogni altro contesto sarebbe inaccettabile. Qui apparentemente dobbiamo solo rassegnarci.

 

MVP. SE TRENITALIA FOSSE UNA START-UP.

Da un punto di vista progettuale, di design e di innovazione del servizio e della customer experience mi chiedo (retoricamente): funziona un sito/servizio dove l’utente/pagante non trova quello che cerca e l’azienda/vendente non incassa?

Sembra che ci siano in contemporanea online il vecchio motore di ricerca, il nuovo motore di ricerca, e che i vari siti di riferimento si accavallino e si moltiplichino (es.: trenitalia, lefrecce, fsitaliane,) dando risultati incoerenti o perlomeno incompleti.

Ho provato a fare una semplice ricerca partendo dal sito trenitalia.com per domani mattina, per andare da Verona Porta Nuova a Milano Centrale a partire dalle ore 5am.


Vorrei spendere poco, e seleziono la casella ‘ricerca il miglior prezzo’. Come possibilità mi vengono presentate solo le frecce a un prezzo allineato di 20.50€.

Se invece, contro-logica, non seleziono la casella, mi si presentano soluzioni più economiche. Come i treni regionali delle 05.40 e 06.40 a 11,30€.

Mi sembra una pratica commerciale non trasparente e non corretta.
Se nella ricerca (e su twitter: @MattewFox95 ciao, il costo varia in funzione alla tariffa che acquisti,prova opz. “ricerca il miglior prezzo” su lefrecce.it ;)) mi suggerisci di selezionare la casella per trovare la migliore offerta.
Devo trovare la migliore offerta.
Non la migliore offerta delle frecce, esclusi i regionali.
Perchè se io fossi meno attento, meno tech savy, o magari semplicemente un turista potrei facilmente essere indirizzato su quelle offerte a prezzo maggiore.
È pratica commerciale trasparente e corretta?

Forse il minimum ha vinto sul viable. Sembra che succeda spesso da queste parti. Ma quello che dice Eric Ries nel suo libro ‘The Lean Sartup’, e l’analisi di David Aycan di IDEO su HBR dovrebbero farci riflettere.

Le FS non sono una start-up, ma il deployment di un nuovo motore di ricerca e di vendita potrebbe esserlo.
Perché è stato lanciato e non funziona come dovrebbe? Il brano iniziale dell’articolo di Aycan propone una riflessione interessante:

Cut the fat, not the essence
In the pursuit of a minimum viable product (MVP), we’ve seen that it’s important to evaluate early the critical components that will differentiate an offer from competition and make a product truly viable.

An MVP should be the easiest way to test your hypothesis, but that doesn’t mean that building one is easy. A common mistake is refusing to tackle the tough technical problems that create revolutionary offerings. As Ries writes, some entrepreneurs hear “minimum viable” product as “smallest imaginable” product. This misunderstanding of Lean Startup tenets can have expensive consequences. Sometimes, entrepreneurs miss a key opportunity to establish market differentiation by interpreting the “minimum” component of an MVP to mean “nothing challenging.” Worse, they sometimes create a product that’s not competitive by rationalizing that they can get ‘something like’ the core idea by replacing a feature with something easier to implement.

 

Progress is not (always) Innovation

Per concludere, come già detto, Progress is not (always) Innovation.
Qui hanno cambiato qualcosa, ma non hanno (ancora?) innovato.
Il progetto sottostante è oscuro per essere gentili. Per essere maliziosi sembra che il progetto sottostante manipoli la delivery delle informazioni all’utente.
A quali fini non capisco.
O forse si.

 

[…] FUTUR/I/O/E/ […]

Oggi si parla molto di Che Futuro, di Futuro Artigiano, di Start-Up, di nuova imprenditoria e nuovo artigianato.

Se ne parla in tante forme diverse, partendo da punti di vista e definizioni che ancora non sono del tutto condivise al nel linguaggio dei partecipanti. Ma se ne parla.
Il ministro Passera parla con questo mondo anche all’#isday (dando credibilità e visibilità al sistema).
Insomma il tessuto e le teste ci sono. Cervelli partiti, cervelli restati, e cervelli tornati.
Ci sono anche i progetti da fare, come abbiamo visto.
Per cambiare innovando bisogna progettare quello che verrà pensando in maniera sistemica, complessa.

Dobbiamo affrontare la sfida di progettare la complessità creando valore.

Content Curation e Dj

Content curation and dj chatelet metro station and advertising

Bel post di Elena Favilli (che con Timbuktu, come ci racconta qui, parte per la California) su contenuti e contenitori dell’ informazione, e della formazione scolastica. Mi ha colpito soprattuto quello che si racconta alla fine, su content curation/dj (che qui di seguito riporto).
E una immagine mi ritorna in mente di quando Andrea Branzi portava a lezione al Politecnico la Pina con musicisti e dj coi giradischi. Per dirci che tutto è progetto.

Di strumenti per pubblicare contenuti siamo già pieni. Quello che manca è un modo per capire, in settori cruciali come quello dell’educazione, quali sono quelli di cui fidarsi. La content curation ha già dimostrato di funzionare molto bene nel giornalismo, dove il proliferare di contenuti di ogni tipo ha costretto i giornalisti a trasformarsi prima di tutto in designer, dj delle notizie. Ora è l’educazione il campo in cui più ce n’è bisogno. Oggi gli insegnanti devono trasformarsi da detentori di un corpus di nozioni stabilite e rigidamente divise in discipline in esploratori, aggregatori, co-produttori di conoscenza. Devono spezzare il nesso rigido e deterministico tra l’informazione erogata (il testo, la lezione) e l’informazione richiesta (il compito, l’interrogazione), come diceMarco Rossi Doria. Devono diventare dj.

Leggetevi tutto l’articolo qui.

less chairs, more threelloons!

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I met Livia in Milan during the recent Milan Design Week. I think she has developed one of the most interesting and surely intriguing project I have seen there.
It is simple, instinctual, challenging and head spinning.
It is simple because it is balloon.
It is instinctual because we all know from childhood what to do with it: you have to blow it up.
It is challenging because it is not what you would expect: it is a balloon with three opening, three nozzles that need to be used synchronously to obtain the inflation.
It is head spinning.

The experience of blowing it up involves listening to your two partners, waiting the right moment, and blowing together. There is no way to get it done without collaboration. An slowly you start to see the faces of your friends through the threelloon, and you know it’s done!
It reminded me of a Korean friend who would always adjust her eating speed to the one of others at the table, so that everybody would finish the meal together. It is a way to truly share the experience, the time, the pauses, the rhythm. The energy.

Livia has organized two workshops during the Milan Design Week.
Both children and adults were enthusiastic  and smiling.

So I suggest: less chairs, more threelloons!
Here is how she describes this work on her own webpage:

A Threelloon is not an ordinary balloon.
It has three nozzles.
That’s why it’s impossible to inflate it by oneself. To do it three people are required .
A simple playful action to test people’s non verbal communication ability and make tangible the instinctual collaborative attitude.

See more pics of the Threelloons and other awesome works on Livia’s website at www.livialein.com

Le voci di Marrakech

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tratto da “Le voci di Marrakech – note di un viaggio”, Adelphi 2002 (traduzione italiana a cura di Bruno Nacci)[…]
“Nei suk invece il prezzo che viene detto per primo è un enigma inafferrabile. Nessuno lo conosce in anticipo, neppure il commerciante, perché di prezzi ce ne sono moltissimi, a seconda delle circostanze. Ciascuno di essi si riferisce ad una situazione diversa, a un cliente diverso, a un diverso momento della giornata, a un diverso giorno della settimana. Ci sono prezzi per singoli oggetti e altri per due o più articoli insieme. Ci sono prezzi per stranieri che si fermano in città un giorno soltanto, e altri per stranieri che vivono qui già da tre settimane. Ci sono prezzi per i poveri e prezzi per i ricchi, e i più alti sono naturalmente quelli per i poveri. Vien da pensare che ci siano più varietà di prezzi che varietà di uomini nel mondo.

Ma questo è soltanto l’inizio di una faccenda complicata, del cui esito finale nessuno sa nulla. Qualcuno sostiene che bisogna scendere a circa un terzo del prezzo primitivo, ma questa non è altro che una stima grossolana, una di quelle insipide generalizzazioni con cui ce la si sbriga con coloro che non vogliono o non sono capaci di addentrarsi nelle sottigliezze di questa antichissima procedura.

È gradito che il viavai delle trattative duri una piccola, sostanziosa eternità. Il negoziante si rallegra del tempo che ci concediamo per fare i nostri acquisti. Gli argomenti che mirano alla resa dell’interlocutore han da essere tirati per i capelli, ingarbugliati, insistenti ed eccitanti. Si può essere eloquenti o dignitosi, ma meglio le due cose assieme. La dignità serve a dimostrarsi l’un l’altro che non si dà troppa importanza al comprare e al vendere. L’eloquenza serve ad ammorbidire la risolutezza dell’avversario. Ci sono argomenti che suscitano scherno e nient’altro, altri invece che vanno dritti al cuore. Tutto bisogna tentare prima di cedere. Ma anche quando è giunto il momento di cedere, bisogna farlo all’improvviso e di sorpresa, così che l’avversario rimanga sgomento e ci offra l’opportunità di guardarlo dentro. Alcuni disarmano l’interlocutore con arroganza, altri affascinandolo. Ogni trucco è permesso, un cedimento dell’attenzione è inconcepibile.

Nelle botteghe grandi abbastanza da poterci entrare e gironzolare, il venditore ha l’abitudine, prima di cedere, di consultarsi con un’altra persona. Questo altro, che se ne sta sullo sfondo con aria indifferente, come una specie di capo spirituale dei prezzi, compare sì sulla scena, ma non partecipa personalmente alla trattativa. Ci si rivolge a lui solo per consultarlo sulle ultime decisioni. Ed egli può, per così dire, autorizzare fantastiche variazioni del prezzo, anche contro la volontà del venditore. Ma poiché e’ lui che lo fa, lui che non ha partecipato alla trattativa, nessuno ci ha rimesso nulla”.

tratto da "Elias Canetti, Le voci di Marrakech - note di un viaggio", Adelphi 2002 (traduzione italiana a cura di Bruno Nacci)

Excellence and Specialization

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I am travelling around Europe to attend trade shows, meet with clients, find new suppliers and breath the air of the north that is usually very refreshing for my brain.

I have seen many new things, lot of innovative efforts, so many products have flooded my eyes.

Than I went out for a walk around the little streets of Amsterdam and one simple thing became clear to me looking at the little shop in the picture. Simplicity, excellence and specialization (and possibly customization) is the real key to innovation in most cases.

This shops sells potatoes. Fried potatoes, french fries, fries or however you call them. Just that.
Amazing fried potatoes, not the frozen one, not burned in black oil, not all of the same shape because they are cut by hand.
Fried potatoes and (here comes the customer) around twenty kind of toppings.

Easy and straightforward. And there is often a waiting line in front of this little hole in the wall.

So let’s look at what we do when we design some~ newness. And let’s ask ourselves what is that we want to sell, and what is that the customer wants. Innovation is not necessarily adding. Subtraction is often a much more difficult choice because we fear we will not satisfy some of our potential customers. But I say, let’s design simple and excellent platforms that we can than customize with varied and diverse topping.

Luftmenschafte. Donne e uomini dai piedi leggeri.

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I am sorry for the english readers. Interesting article on a new perception of citizenship in Europe.

[…]Quando andiamo a spasso in una delle sue città europee alla ricerca di un ristorante che non ci faccia troppo sentire la nostalgia a me della caponata e a lui della piadina, ho l’impressione che qualcosa di differente sta accadendo a una parte d’Italia. Queste persone e molte, moltissime altre sono l’Europa, senza bisogno di troppi discorsi e teorie, e hanno capito qualcosa che i teorici dell’Europa non hanno mai capito: che l’euro e l’Europa sono la possibilità di restare italiani, greci, spagnoli, francesi senza essere umiliati dalle stupide politiche nazionali dei rispettivi paesi. Essere europei significa mantenere una propria identità senza doverla confondere con un’appartenenza a una classe dirigente che in patria blocca i processi d’apertura e trasformazione.
Ovviamente questo è il quadro positivo, profondamente innovatore di questa compagine di nuovi europei, sono quello che George Steiner chiama “luftmenschafte”, uomini dai piedi leggeri, una definizione sprezzante con cui i nazisti appellavano gli ebrei e tutti i cosmopoliti. La parte tragica sta nel fatto che questo è il risultato di un’espulsione: per l’Italia si tratta della liquidazione di una potenziale classe dirigente di professionisti, pensatori, ricercatori, imprenditori. E questa è davvero una tragedia: ognuno dei miei amici italiani in Europa condivide amari ricordi di strade bloccate, di rifiuti, di offerte di lavoro ricattatorie, di posti universitari in cambio di una beota fedeltà alla noia accademica.[…]

Leggi tutto qui: Ecco gli italiani dai piedi leggeri – Il Sole 24 ORE.